Come scrivere un libro
Come
si scrive un libro?
Cioè,
un libro inteso in quanto romanzo compiuto di una certa estensione e coerenza
narrativa, quindi escludendo da tale domanda diari, raccolte di racconti e articoli
o saggi.
In
merito, ho una risposta personalissima.
Voglio
precisare che a questa domanda rispondono molti decaloghi facilmente consultabili
online o corsi legati a scuole di scrittura in cui si trovano tracce e regole
da seguire molto esatte ed esaustive. Percorsi di scrittura che hanno una
coerenza e dovizia tecnico-pratica a volte notevoli.
Non
è il mio caso. La risposta che intendo dare qui, infatti, è una risposta di
tipo personalissimo, quindi un po’ caotica a tratti, istintiva, senza un metodo
preciso se non quello dettato dalla mia particolare creatività. Però è un
esempio, tra i tanti, di come un percorso narrativo possa prendere vita, ed è un
esempio vero.
Naturalmente
per rispondere a una domanda del genere ho dovuto compiere tutto il percorso
che di solito precede la nascita di un romanzo.
Cioè,
dapprima mi sono innamorata della letteratura e della parola scritta, con tutta
la loro forza evocativa, poi ho letto e mi sono legata a molti libri di cui ho
più o meno invidiato gli autori, divenuti a loro volta delle presenze costanti
nella mia vita emotiva.
Quindi
ho iniziato a scribacchiare un presunto romanzo di fantascienza già dalla
seconda elementare, incompiuto e incasinatissimo, continuando i miei tentativi
maldestri, in sequenza, con un romanzo storico-fantastico e un polpettone
sentimentale pieno zeppo di protagonisti ricchi e dai roboanti nomi
anglosassoni, per proseguire con una storia di duecento pagine illeggibili e
scialbe dalle tinte horror e alcuni racconti liceali tanto imbarazzanti quanto
impacciati.
Ripensando
ai miei esordi, se devo essere franca, mi chiedo perché non ho smesso.
Con
l’inestinguibile esigenza di scrivere sopravvissuta alla sciatteria e all’orrore
degli esordi, alla fine ho capito, io che sono un’istintiva e una frettolosa, che
dovevo venire a patti con due ingredienti imprescindibili della genesi
letteraria: la tecnica e la verità.
O
anche la verità e la tecnica, nel senso che sono due elementi del tutto
paritetici.
La
tecnica intesa sia come cura del
corpo narrativo (proporzioni, tematiche, filo logico) che come attenzione allo
stile linguistico (lessico curato, metafore originali, scelte logico-sintattiche
mirate, ecc.).
Diciamo
che per anni avevo scritto sulla scia del ‘primitivismo’ più spontaneo, creando
un mix tra il mio parlato piuttosto crudo (è un eufemismo) e lo stile dei
classici che incontravo negli studi liceali. Una lingua dalle contraddizioni inconciliabili.
Un autore invece deve avere sempre presente, oltre le regole base della lingua
in cui si esprime, l’esatto registro stilistico che vuole adottare, e che deve
saper utilizzare con consapevolezza e perizia, intendendo con questo una vasta
pratica e un meticoloso lavoro di autocritica.
Nei
contenuti invece preferivo divagare dalla realtà e rifugiarmi nel mondo della
fantasia più illimitata e rassicurante, creando così delle trame vacue e sciacquate
con la varichina, eliminando in questo modo l’altro elemento fondamentale di un’opera
narrativa: la verità.
Se
non ci si mette a nudo, infatti, e non si mette un po’ del proprio sangue in
quel che si scrive, è meglio rinunciare già da subito. Se si scrive di ciò che
non si è vissuto e di pensieri che non ci angosciano sin dalla più tenera età,
non si può essere convincenti.
La
verità e la realtà in cui è calato ogni autore sono fattori di cui non si può
fare a meno.
Se
si vuole scrivere e convincere bisogna spogliarsi un po’ e immergersi nel
proprio pozzo interiore. Chi scrive mette in scena dei drammi che nella sua
testa si sono svolti milioni di volte, e sciacalla volti, gesti, storie di
vita, parole, espressioni e luoghi dal proprio vissuto.
Se
ci si mette di fronte a una pagina bianca con l’intenzione di scrivere di un
posto favoloso, in un mondo diverso da tutto ciò che è familiare, con dei
personaggi che non assomigliano a nessuno che si è conosciuto, il risultato
sarà evidentemente falso e piatto.
Non
c’è possibilità che non sia così.
Anche
i libri fantasy più immaginifici, presentano comunque brani di realtà che si
potrebbero applicare a delle situazioni reali. Anzi, forse proprio in quello
risiede la loro forza, nell’essere ‘brani di vita reale’ inseriti in contesti
fantastici.
Quindi,
ricapitolando: stile e verità.
Queste
sono le due basi fondanti, la calce e i mattoni per costruire una casa.
Poste
le basi, si sa, un romanzo nasce anche da altro e una volta che si è deciso di
scriverlo, bisogna studiare bene l’approccio a quello che sarà un percorso
lungo, a tratti spossante, che comporterà soste, dubbi, momenti di sconforto e
di esaltazione.
Un
romanzo, infatti, è un corpo unico, è una narrazione che deve essere imbevuta di
un mood persistente, di un approccio descrittivo e narrativo coerente. Non si
può di certo iniziare a scrivere una vicenda con piglio ironico per poi deviare
nel drammatico e continuare con un tono distaccato, tanto per fare un esempio.
Il
senso di tutta una storia si dovrebbe evincere già dal primo capitolo, così
come la sua atmosfera persistente e il lato che s’indagherà maggiormente sia
dei personaggi che dello spaccato di vita in cui essi sono inseriti.
Iniziando
a scrivere bisogna avere ben presente oltre che una traccia, che spesso si può
dipanare strada facendo, anche e soprattutto un lato della realtà, della nostra
realtà e di conseguenza di quella che ci circonda, di cui si vuole parlare e
che si vuole rappresentare, con un taglio emotivo ben preciso.
Quest’ultimo
spesso nasce da eventi che sono accaduti nella nostra vita e che la mente ha
rielaborato in modo unico e personale, per via del profondo impatto emotivo che hanno avuto su du noi.
Il
tutto si può innescare con una scena che incontriamo per caso mentre camminiamo
affaccendati, o con una battuta che qualcuno ci rivolge inconsapevole, o con un
paesaggio, che ci evoca lontani scenari e sensazioni che hanno avviluppato dei
segmenti del nostro passato.
A
volte per sbrogliare il nodo emotivo che non ci fa scordare avvenimenti e persone,
si sente il bisogno di scriverne, per distaccarci da qualcosa che inizia a
vivere dentro di noi in modo sempre più ingombrante, quasi acquistando vita
propria. Anche le paure più forti, una volta imbrigliate in una storia e rese
leggibili al resto del mondo, sembrano più superabili e gestibili, e non solo a
noi, ma anche al lettore che vi si ritrova e che vi s’immedesima. Insomma, il
famoso potere catartico della scrittura, di cui tanto si parla.
Un
romanzo, infatti, è un brano di vita, più o meno esteso, che si è a lungo
masticato nel proprio inconscio, pronto a riemergere come un sommergibile in
una fase cosciente in cui lo scrittore, per sua stessa deformazione, inizierà a
intessere di scene e particolari più o meno veritieri i vari stralci di
vissuto e immaginazione che lo compongono.
Il
collante principale che permette di tessere la trama e la forma
stilistico-linguistica della storia che ne nasce è la sensazione predominante
che i ricordi trasmettono a chi li vive. Un rigurgito di passato ha sempre un
sapore sopra agli altri, un’impressione persistente, un gusto che lascia la bocca
amara, dolce, serrata o aperta in un sorriso.
C’è
sempre un sentimento che domina lo sguardo dell’autore mentre racconta degli
avvenimenti, e una sensazione più forte delle altre che lo pervade.
Da
questo mood e dalla sua forza nasce il giusto incipit di un romanzo. Leggevo
un’intervista ad Alessandro Piperno, che io trovo davvero bravo, in cui diceva due
cose molto importanti. La prima è che per pubblicare e avere successo c’è
bisogno innanzitutto di una rete di relazioni. Cioè, non prendiamoci per i
fondelli, il passaparola, l’amico dell’amico e la mondanità, aiutano eccome!
Non
credo che ci sia ancora qualcuno disposto a credere che un editor Mondadori o
Rizzoli prenda i manoscritti dalla posta e si li metta a leggere pieno di
speranze e disponibilità. La seconda, Piperno docet, è che c’è assoluto bisogno
di un incipit fulminante, che colpisca l’editor sin da subito, soprattutto conoscendo
la mole immane di manoscritti che di solito questo deve vagliare e che spesso
legge anche contemporaneamente, in modo che rimanga allibito, stupito,
incuriosito e soprattutto invogliato a continuare la lettura già dalle prime
pagine.
Un
incipit folgorante nasce proprio dal giusto taglio emotivo. Dalla sensazione
dominante, dallo spirito del romanzo portato al suo parossismo. Da subito
l’autore deve dire: ecco quello che provavo quando pensavo di scrivere
questo romanzo e voglio che lo provi anche tu, così saprai che
sapore avrà il resto del viaggio.
Mai
iniziare con un incipit forte e convincente però, il cui mood non abbia attinenza
con il seguito. Un inizio divertente per un libro serio, giusto per fare un esempio,
o incalzante per un libro pacato. A me personalmente saprebbe di truffa e di
raggiro del lettore, e non la prenderei bene.
Penserei
a una volontà furbastra e nella migliore delle ipotesi a un’incapacità
letteraria.
Quindi,
come primo step da percorrere per la scrittura di un romanzo convincente, una
volta affinato uno stile personale, e una volta deciso di aprirsi del tutto, non lasciando alcuna porta chiusa dentro di sé, c’è l’attesa del giusto impatto
emotivo, del sentimento e della sensazione con i quali ci si vuole immergere
nella propria fucina creativa.
Magari
sono anni che abbiamo una storia da raccontare o dei personaggi da far vivere,
eppure ci manca quella specifica pressione al petto, quello struggimento
particolare, quella lontana nostalgia che possano dare inizio al tutto. E a farle
scattare può essere qualsiasi cosa, come la semplice lettura di un articolo su Pablo Neruda, per fare un esempio…
Ed
ecco che buttiamo giù uno schizzo veloce, alcune frasi scritte con urgenza,
grafia stentata e la frenesia interiore di catturare una scena, uno sguardo o
un paesaggio che già sappiamo essere legati a molto altro. Una volta cristallizzati
questi piccoli stralci di suggestione avremo in mano la chiave per aprire un
mondo intero, quello che la nostra vita, le sue impressioni, e la creatività
che ci spinge a scrivere, sapranno far apparire quasi esistesse da sempre.
Questo
è solo il primo step di un percorso molto
lungo, certo. Subito dopo infatti
converrà affrettarsi verso il secondo…