Translate

mercoledì 2 luglio 2014

Come scrivere un libro




Come scrivere un libro

Come si scrive un libro?
Cioè, un libro inteso in quanto romanzo compiuto di una certa estensione e coerenza narrativa, quindi escludendo da tale domanda diari, raccolte di racconti e articoli o saggi.
In merito, ho una risposta personalissima.

Voglio precisare che a questa domanda rispondono molti decaloghi facilmente consultabili online o corsi legati a scuole di scrittura in cui si trovano tracce e regole da seguire molto esatte ed esaustive. Percorsi di scrittura che hanno una coerenza e dovizia tecnico-pratica a volte notevoli.
Non è il mio caso. La risposta che intendo dare qui, infatti, è una risposta di tipo personalissimo, quindi un po’ caotica a tratti, istintiva, senza un metodo preciso se non quello dettato dalla mia particolare creatività. Però è un esempio, tra i tanti, di come un percorso narrativo possa prendere vita, ed è un esempio vero.  
Naturalmente per rispondere a una domanda del genere ho dovuto compiere tutto il percorso che di solito precede la nascita di un romanzo.

Cioè, dapprima mi sono innamorata della letteratura e della parola scritta, con tutta la loro forza evocativa, poi ho letto e mi sono legata a molti libri di cui ho più o meno invidiato gli autori, divenuti a loro volta delle presenze costanti nella mia vita emotiva.

Quindi ho iniziato a scribacchiare un presunto romanzo di fantascienza già dalla seconda elementare, incompiuto e incasinatissimo, continuando i miei tentativi maldestri, in sequenza, con un romanzo storico-fantastico e un polpettone sentimentale pieno zeppo di protagonisti ricchi e dai roboanti nomi anglosassoni, per proseguire con una storia di duecento pagine illeggibili e scialbe dalle tinte horror e alcuni racconti liceali tanto imbarazzanti quanto impacciati.

Ripensando ai miei esordi, se devo essere franca, mi chiedo perché non ho smesso.
Con l’inestinguibile esigenza di scrivere sopravvissuta alla sciatteria e all’orrore degli esordi, alla fine ho capito, io che sono un’istintiva e una frettolosa, che dovevo venire a patti con due ingredienti imprescindibili della genesi letteraria: la tecnica e la verità.
O anche la verità e la tecnica, nel senso che sono due elementi del tutto paritetici.
La tecnica intesa sia come cura del corpo narrativo (proporzioni, tematiche, filo logico) che come attenzione allo stile linguistico (lessico curato, metafore originali, scelte logico-sintattiche mirate, ecc.).

Diciamo che per anni avevo scritto sulla scia del ‘primitivismo’ più spontaneo, creando un mix tra il mio parlato piuttosto crudo (è un eufemismo) e lo stile dei classici che incontravo negli studi liceali. Una lingua dalle contraddizioni inconciliabili. Un autore invece deve avere sempre presente, oltre le regole base della lingua in cui si esprime, l’esatto registro stilistico che vuole adottare, e che deve saper utilizzare con consapevolezza e perizia, intendendo con questo una vasta pratica e un meticoloso lavoro di autocritica.

Nei contenuti invece preferivo divagare dalla realtà e rifugiarmi nel mondo della fantasia più illimitata e rassicurante, creando così delle trame vacue e sciacquate con la varichina, eliminando in questo modo l’altro elemento fondamentale di un’opera narrativa: la verità.

Se non ci si mette a nudo, infatti, e non si mette un po’ del proprio sangue in quel che si scrive, è meglio rinunciare già da subito. Se si scrive di ciò che non si è vissuto e di pensieri che non ci angosciano sin dalla più tenera età, non si può essere convincenti.

La verità e la realtà in cui è calato ogni autore sono fattori di cui non si può fare a meno.
Se si vuole scrivere e convincere bisogna spogliarsi un po’ e immergersi nel proprio pozzo interiore. Chi scrive mette in scena dei drammi che nella sua testa si sono svolti milioni di volte, e sciacalla volti, gesti, storie di vita, parole, espressioni e luoghi dal proprio vissuto.

Se ci si mette di fronte a una pagina bianca con l’intenzione di scrivere di un posto favoloso, in un mondo diverso da tutto ciò che è familiare, con dei personaggi che non assomigliano a nessuno che si è conosciuto, il risultato sarà evidentemente falso e piatto.
Non c’è possibilità che non sia così.

Anche i libri fantasy più immaginifici, presentano comunque brani di realtà che si potrebbero applicare a delle situazioni reali. Anzi, forse proprio in quello risiede la loro forza, nell’essere ‘brani di vita reale’ inseriti in contesti fantastici.
Quindi, ricapitolando: stile e verità.
Queste sono le due basi fondanti, la calce e i mattoni per costruire una casa.

Poste le basi, si sa, un romanzo nasce anche da altro e una volta che si è deciso di scriverlo, bisogna studiare bene l’approccio a quello che sarà un percorso lungo, a tratti spossante, che comporterà soste, dubbi, momenti di sconforto e di esaltazione.
Un romanzo, infatti, è un corpo unico, è una narrazione che deve essere imbevuta di un mood persistente, di un approccio descrittivo e narrativo coerente. Non si può di certo iniziare a scrivere una vicenda con piglio ironico per poi deviare nel drammatico e continuare con un tono distaccato, tanto per fare un esempio.

Il senso di tutta una storia si dovrebbe evincere già dal primo capitolo, così come la sua atmosfera persistente e il lato che s’indagherà maggiormente sia dei personaggi che dello spaccato di vita in cui essi sono inseriti.

Iniziando a scrivere bisogna avere ben presente oltre che una traccia, che spesso si può dipanare strada facendo, anche e soprattutto un lato della realtà, della nostra realtà e di conseguenza di quella che ci circonda, di cui si vuole parlare e che si vuole rappresentare, con un taglio emotivo ben preciso.

Quest’ultimo spesso nasce da eventi che sono accaduti nella nostra vita e che la mente ha rielaborato in modo  unico e personale, per via del profondo impatto emotivo che hanno avuto su du noi.
Il tutto si può innescare con una scena che incontriamo per caso mentre camminiamo affaccendati, o con una battuta che qualcuno ci rivolge inconsapevole, o con un paesaggio, che ci evoca lontani scenari e sensazioni che hanno avviluppato dei segmenti del nostro passato.

A volte per sbrogliare il nodo emotivo che non ci fa scordare avvenimenti e persone, si sente il bisogno di scriverne, per distaccarci da qualcosa che inizia a vivere dentro di noi in modo sempre più ingombrante, quasi acquistando vita propria. Anche le paure più forti, una volta imbrigliate in una storia e rese leggibili al resto del mondo, sembrano più  superabili e gestibili, e non solo a noi, ma anche al lettore che vi si ritrova e che vi s’immedesima. Insomma, il famoso potere catartico della scrittura, di cui tanto si parla.

Un romanzo, infatti, è un brano di vita, più o meno esteso, che si è a lungo masticato nel proprio inconscio, pronto a riemergere come un sommergibile in una fase cosciente in cui lo scrittore, per sua stessa deformazione, inizierà a intessere di scene e particolari più o meno veritieri i vari stralci di vissuto e immaginazione che lo compongono.

Il collante principale che permette di tessere la trama e la forma stilistico-linguistica della storia che ne nasce è la sensazione predominante che i ricordi trasmettono a chi li vive. Un rigurgito di passato ha sempre un sapore sopra agli altri, un’impressione persistente, un gusto che lascia la bocca amara, dolce, serrata o aperta in un sorriso.

C’è sempre un sentimento che domina lo sguardo dell’autore mentre racconta degli avvenimenti, e una sensazione più forte delle altre che lo pervade.
Da questo mood e dalla sua forza nasce il giusto incipit di un romanzo. Leggevo un’intervista ad Alessandro Piperno, che io trovo davvero bravo, in cui diceva due cose molto importanti. La prima è che per pubblicare e avere successo c’è bisogno innanzitutto di una rete di relazioni. Cioè, non prendiamoci per i fondelli, il passaparola, l’amico dell’amico e la mondanità, aiutano eccome!

Non credo che ci sia ancora qualcuno disposto a credere che un editor Mondadori o Rizzoli prenda i manoscritti dalla posta e si li metta a leggere pieno di speranze e disponibilità. La seconda, Piperno docet, è che c’è assoluto bisogno di un incipit fulminante, che colpisca l’editor sin da subito, soprattutto conoscendo la mole immane di manoscritti che di solito questo deve vagliare e che spesso legge anche contemporaneamente, in modo che rimanga allibito, stupito, incuriosito e soprattutto invogliato a continuare la lettura già dalle prime pagine.

Un incipit folgorante nasce proprio dal giusto taglio emotivo. Dalla sensazione dominante, dallo spirito del romanzo portato al suo parossismo. Da subito l’autore deve dire: ecco quello che provavo quando pensavo di scrivere questo romanzo e voglio che lo provi anche tu, così saprai che sapore avrà il resto del viaggio.
Mai iniziare con un incipit forte e convincente però, il cui mood non abbia attinenza con il seguito. Un inizio divertente per un libro serio, giusto per fare un esempio, o incalzante per un libro pacato. A me personalmente saprebbe di truffa e di raggiro del lettore, e non la prenderei bene.
Penserei a una volontà furbastra e nella migliore delle ipotesi a un’incapacità letteraria.

Quindi, come primo step da percorrere per la scrittura di un romanzo convincente, una volta affinato uno stile personale, e una volta deciso di aprirsi del tutto, non lasciando alcuna porta chiusa dentro di sé, c’è l’attesa del giusto impatto emotivo, del sentimento e della sensazione con i quali ci si vuole immergere nella propria fucina creativa.
Magari sono anni che abbiamo una storia da raccontare o dei personaggi da far vivere, eppure ci manca quella specifica pressione al petto, quello struggimento particolare, quella lontana nostalgia che possano dare inizio al tutto. E a farle scattare può essere qualsiasi cosa, come la semplice lettura di un articolo su Pablo Neruda, per fare un esempio…




Ed ecco che buttiamo giù uno schizzo veloce, alcune frasi scritte con urgenza, grafia stentata e la frenesia interiore di catturare una scena, uno sguardo o un paesaggio che già sappiamo essere legati a molto altro. Una volta cristallizzati questi piccoli stralci di suggestione avremo in mano la chiave per aprire un mondo intero, quello che la nostra vita, le sue impressioni, e la creatività che ci spinge a scrivere, sapranno far apparire quasi esistesse da sempre.
Questo è solo il primo step di un percorso molto 
lungo, certo. Subito dopo infatti converrà affrettarsi verso il secondo…